Diario
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Il Messaggero.

Dopo Ciak, la più popolare rivista di cinema distribuita in Italia che ci dedica un servizio intero dal titolo “Pugliawood”, ecco anche il famoso quotidiano romano che intervista il presidente Iarussi e racconta le ragioni di un successo che non è nostro personale; è di una intera regione e delle sue genti.

di LEONARDO JATTARELLI
La regione più orientale d’Italia batte nel cuore dell’immaginario collettivo. Il Tavoliere, la Pianura salentina, le Murge, la punta del Gargano, interno ed esterno “geografici” come interno/giorno ed esterno/notte di una sceneggiatura, sorta di “punti cardinali” che dettano le regole del movimento di una macchina da presa. Il matrimonio tra il cinema e la Puglia è storia recente ma arricchitasi in brevissimo tempo di quell’amore che s’addice soltanto alle grandi passioni. E se si prova a disegnare idealmente una mappatura delle sue storie cinematografiche spalmate sul territorio, la caratteristica più evidente che balza agli occhi è l’elemento del contrasto: che si parli del cinema di Winspeare o di Rubini, dei film di Piva o di Vicari, di Barletti o del fenomeno comico di Checco Zalone ma anche del docu-cinema interiore di Pippo Mezzapesa, la Puglia con i suoi paesaggi aspri e allo stesso tempo solari, con la sua musica antica e struggente funge quasi da elemento dissonante con i ritagli cinematografici di vite disperate, di periferie urbane degradate e malavitose, di ritorni alle origini illuminanti ma dolorosi. Forse il cinema ha scelto questo terreno così fertile di luci ed ombre anche per questo.

In una manciata di anni, la “regionalità” del nostro cinema che ha caratterizzato gli ’80 e soprattutto i ’90 è stata quasi risucchiata, divorata dall’unicità dei confini pugliesi che non si identificano neppure in una “maschera”; da La Stazione a La Terra, da Tutto l’amore che c’è fino all’ultimo L’uomo nero di Rubini per passare a Galantuomini, Sangue vivo, Il passato è una terra straniera di Winspeare fino a Lacapagira e Mio cognato di Alessandro Piva, Focaccia Blues di Nico Cirasola, Fine pena mai di Davide Barletti e Lorenzo Conte, il docu-cinema di Mezzapesa col suo Pinuccio Lovero-Sogno di una morte di mezza estate e i recentissimi Mine vaganti di Ozpetek, Noi credevamo di Martone, Luglio ’80 di Massimo Natale, Cado dalle nubi di Zalone solo per citare alcuni titoli, la Puglia diventa sfondo per drammi, amori, sorrisi, sangue e speranza, immigrazione e voglia di evasione, precarietà esistenziale.

Gli “script”, quasi nella loro interezza, sembrano usciti dai romanzi del magistrato e scrittore barese Gianrico Carofiglio, creatore del personaggio dell’avvocato Guerrieri e autore di quel Il passato è una terra straniera da cui è stato tratto il film di Vicari. In questi film si raccontano amori contrastati, quello tra un magistrato e una donna a capo di un gruppo di fuorilegge; la difficile convivenza tra due fratelli salentini, l’uno fruttivendolo ambulante, l’altro contrabbandiere di sigarette e suonatore di pizzica; l’amicizia che diverrà scivolo verso l’inferno tra due giovani di diversa estrazione sociale in una Bari popolata da personaggi ambigui e pericolosi fino ad una storia dal sapore diverso, quasi paradossale: la grande multinazionale McDonald’s che, ad Altamura, viene sconfitta dalla cucina pugliese.

“Il sapore è quello della mescolanza, dell’ibrido senza alcuna traccia di campanilismo” afferma Oscar Iarussi, presidente dell’”Apulia Film Commission” che da anni offre un grande sostegno alle opere cinematografiche che montano set sul territorio: “Le richieste che ci arrivano sono molte. Se pensiamo che dal ’35 al ’95 in Puglia sono stati girati in totale soltanto 30 film, recentemente la crescita è stata esponenziale; 40 opere dal ’96 al 2001, 41 tra il 2007 e il 2008 con un nostro sostegno pari a 721.200 euro e 40 quest’anno (1.090 mila euro la cifra erogata) tra lungometraggi, corti e prodotti tv”. Qual è il segreto di tanto successo? “Il cambiamento è avvenuto dopo gli anni ’90: si è passati da un’immagine di regione marginale dal fascino esotico a ciò che oggi è una vera e propria terra d’approdo dell’Occidente. Il fenomeno dell’immigrazione è il fulcro della mutazione che si riflette nella cultura pugliese e ne rafforza la capacità attrattiva”.

E in arrivo ci sono grandi novità: “Dal 23 al 30 gennaio a Bari daremo vita insieme a Regione, Comune e Università di Bari alla prima edizione del “Bif&st”, festival cinematografico con film nazionali ed europei diretto da Felice Laudadio. A metà gennaio inaugureremo il Cineporto di Bari e quello di Lecce e infine c’è il progetto sale cinematografiche: tre milioni di euro che stanzieremo in due anni conclude Iarussi per mettere a disposizione degli esercenti 20 nuove sale con il nostro marchio da aprire soprattutto nei piccoli paesi. Una sorta di nuovi cinema paradiso”.

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